La Bombetta, esplosione di sapori

 

 

La bombetta, esplosione di sapori

 

Non c’entra ne’ la foggia di un cappello ne’ una carica esplosiva: in Puglia, con la parola bombetta, si intende unicamente una gustosa specialità gastronomica, a base di carne, tipica di alcuni comuni della Valle d’Itria e della Murgia. La bontà della bombetta pugliese sta tutta nell’esperienza del macellaio e nella qualità della materia prima scelta: la carne della coppa (ossia del collo) del suino nazionale deve appartenere ad un animale allevato con sistema non intensivo e il cui peso sia intorno ai 160/180 chili. La robustezza del maiale, infatti, fa sì che il pezzo di carne sia adeguatamente venato e risulti, perciò, morbido. La coppa – che altro non è che il capocollo – viene tagliata a fette sottili, ognuna delle quali è prima insaporita con sale, pepe, rosmarino e prezzemolo, poi guarnita con un formaggio e, a piacimento, con un pezzetto di salume. Sul tipo di formaggio da impiegare i pareri dei macellai sono discordanti: c’è chi parla di grana (“perché non copre il sapore della carne”), chi di pecorino, chi di fontina; per questo ingrediente si può dire che sia il gusto personale a dettare la regola. Una volta farcita, la fetta di coppa deve essere chiusa e prendere il suo caratteristico aspetto di “bombetta”. Esiste una variante di questa specialità, che, a differenza di quella classica, è impanata con pane, formaggio e aromi (gli stessi del ripieno) e non vede l’aggiunta di alcun salume. Una volta pronte, le bombette vengono infilate in uno spiedo di ferro, messe nel forno, a carbone o a legna, e lasciate arrostire non “alla fiamma”, ma col riverbero del calore. La cottura è di circa venti minuti e, in quel lasso tempo, lo spiedo deve essere girato un paio di volte per evitare che la carne non sia anche solo parzialmente carbonizzata.

Come e dove cuocere la bombetta non è un dettaglio. Infatti, voler svelare tutti i segreti della bombetta senza parlare di fornelli, di tradizioni, di territorio significherebbe togliere sapore a questo prodotto unico. Diffusa soprattutto nelle province di Bari, Brindisi e Taranto, la carne al fornello ha come fulcro la Murgia dei trulli, delle grotte e delle gravine, con i suoi paesi suggestivi, dai centri storici tutti stradine bianche e piazzette. E’ proprio nelle vie del cuore antico delle città, che si mantiene viva l’usanza del fornello: macelleria con un forno interno dove arrostire la carne appena scelta al banco. Se oggi è una consuetudine che attira molti turisti, in origine il fornello era strettamente legato al mondo contadino povero, quello dei latifondi, dove i braccianti vivevano umilmente, costretti a regimi alimentari frugali. A quel tempo la carne era considerata un lusso da concedersi solo in occasioni di particolari ricorrenze, specie di carattere religioso. Le ristrettezze economiche obbligavano i ceti meno abbienti a scegliere carni di minor pregio o quelle parti anatomiche che i benestanti scartavano, come le frattaglie, ingegnandosi tuttavia per renderle gradite al palato. Erano preferite parti grasse, che potessero non solo essere saporite, ma anche di sostegno al faticoso lavoro contadino. E se per cuocere le carni il proprietario del latifondo poteva permettersi di accendere il forno di casa, il contadino era costretto a risparmiare su legna e carbone, preferendo così il fornello pubblico, quello messo a disposizione dal macellaio del paese, per far arrostire carne che, divisa in piccole porzioni, aveva il pregio di cuocersi velocemente. Questa consuetudine non si è mai persa del tutto, ma dopo il boom economico degli anni ’60, è rimasta confinata ai periodi delle feste. E’ a partire dalla metà degli anni ’90 che – con la crescita del turismo in Puglia e, in particolare, con il fermento culturale sviluppatosi in alcuni paesi dell’entroterra – si è aperta una nuova stagione del fornello, che ha perso il suo stretto legame con le solennità religiose per diventare momento conviviale informale. E se tradizionalmente la carne arrostita veniva messa in un cartoccio per esser poi consumata ancora fumante a casa o per strada, magari dentro ad un panino, ora quasi tutte le macellerie dotate di forno hanno destinato piccoli spazi della bottega a tavoli e panche, per consentire agli avventori di apprezzare le specialità appena cotte, comodamente seduti in un ambiente famigliare. Così, che ci si trovi a Cisternino, piccolo centro che per la sua qualità della vita è entrato a far parte a buon diritto della rete internazionale Cittàslow, o tra i trulli di Alberobello o in una piazza di Noci, gustando una bombetta appena uscita da un fornello si avrà la possibilità di ripetere un rituale antico, tramandato di generazione in generazione.

 

                                                                               Federica Sgrazzutti per il magazine Gusto di Puglia

 

 

Articolo tratto dalla rivista "Gusto di Puglia" n°5 anno 2008.